Passi sulla mia testa
Passi sulla mia testa
drammaturgia Fabio Butera su testi e frammenti poetici di Arturo Giovannitti, Michele Pane ed Emilio Grandinetti
regia Fabio Butera e Luca Michienzi
interpretazione Francesco Gallelli
maschere, marionetta, macchina scenica Fabio Butera
costumi Anna Maria De Luca
organizzazione Luca Napoli
foto di scena Luna Loiero – FerMentis
Nei primissimi anni del XX secolo più di 500.000 calabresi emigravano. Le necessità non soddisfatte e l’anelito ad una vita migliore erano la spinta a partire, ma un consistente gruppo non era certamente motivato da esigenze economiche. Provenienti da famiglie agiate o, comunque, in possesso di elevate conoscenze professionali e in grado di produrre un soddisfacente tenore di vita in patria, partivano anch’essi. Alcuni in giovanissima età. Andavano, tornavano, partivano nuovamente, pervasi da un’inquietudine difficilmente decifrabile. Probabilmente, la loro prospettiva di una vita migliore non era legata al miglioramento della condizione sociale ed economica, ma piuttosto al miglioramento delle condizioni generali di vita. In patria non era possibile coalizzarsi, organizzarsi e creare strategie di lotta efficaci. L’unica soluzione era quella di andarsene, per protesta, e costruire insieme la lotta nei paesi di destinazione, nonostante condizioni sicuramente più difficili di quelle da cui partivano.
Necessità iniziale del drammaturgo era capire meglio la storia di una parte della sua famiglia che, per motivi anagrafici, non aveva conosciuto e che non aveva indagato con sufficiente curiosità, quando erano ancora vivi i suoi zii, testimoni diretti della storia del nonno, dello zu Miliu e degli amici anarchici del cui giro facevano parte nella Chicago di inizio ‘900.
Il lavoro ha portato alla luce la bruciante attualità di temi che si accavallano in una sorta di “Giano bifronte”: da una parte la generazione che sta abbandono la nostra terra con premesse simili a quelle dei protagonisti della storia, dall’altra il clima con cui si scontrano i migranti che arrivano sulle nostre coste, simile a quello che trovarono all’arrivo i nostri nonni, quasi che un secolo sia compresso in un presente immobile.
È stato ricostruito un frammento della storia di questi sovversivi rivoluzionari – così sono etichettati nei manuali di storia nordamericani – nella lingua feroce con cui si esprimevano, mista dell’inglese, dell’italiano e del dialetto antico.
La drammaturgia trae origine da:
- una poesia di Arturo Giovannitti, The Walker, tradotta in italiano;
- tre frammenti poetici, in dialetto calabrese, di Michele Pane, Capitabussa, Forerbandita, Azzarelleide;
- un frammento di un articolo di Emilio Grandinetti.
I tre, amici fraterni, partecipano alla lotta per l’emancipazione sociale e materiale della comunità italoamericana e dei lavoratori in genere.