Laboratorio di teatro sperimentale

Laboratorio di teatro sperimentale

Laboratorio di teatro sperimentale

Arte e psichiatria. Trame sottili

direzione artistica laboratorio Pino Michienzi, Anna Maria De Luca,
Luca Maria Michienzi costumi Mananà e Roby 4p
musicista Gianfranco Pisano
cantanti Diego Pagano, Daniela Colistra
autori Giancarlo Carioti, Andrea Mancuso, Antonio Comi, Massimo Marotti
scenografia Egildo Tallarico
audio e luci Nello Zangari, Antonio Vatrano macchinisti Alex Scicchitano, Manuel Lembo
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Il progetto di “Laboratorio Teatro Sperimentale”, così come è stato da noi inteso e proposto, promosso dal dr. Mario Nicotera, già dirigente del Centro di Salute Mentale, sollecitato e incoraggiato dal responsabile coordinatore dr. Gianfranco Pisano e, nel segno della continuità, sostenuto dall’attuale direttore del presidio dr. Salvatore Ritrovato, è nato per saggiare nuove forme di socializzazione, tentando, con la indispensabile e preziosa collaborazione di medici e paramedici, di rendere più efficaci gli interventi riabilitativi.

L’attività teatrale, pur conservando la sua specifica essenza di studio ed elaborazione di sentimenti e caratteri attraverso la rappresentazione di frammenti di vita, è stata qui ri-definita, per l’appendice di un significativo metodo pedagogico definito “psicodramma”. Una sperimentazione che è variata di volta in volta a seconda delle persone che vi intervenivano e che ha affrontato il teatro in maniera singolare rispetto a come esso, per definizione, viene inteso.

Approccio in progress, dunque, essenza del teatro in divenire, svolto senza un copione prestabilito, ma germogliato spontaneamente dal vissuto dei partecipanti, che si sono raccontati, come in un confessionale, e hanno narrato di storie vere o inventate, comunque pulsanti. Il poter operare tutti insieme, aderenti, artisti, operatori di psichiatria disponibili, motivati e stimolati da questa avventura, ha generato affettività, curiosità, emozioni, che hanno prodotto essenzialmente benessere.

Ed è questo, in definitiva, lo strumento di crescita e di miglioramento. Possiamo parlare di “teatro nella vita” come ne parlò Moreno negli anni venti, psichiatra insigne e padre dello psicodramma, che in quasi sessant’anni di attività nel campo clinico, sociale ed educativo, ne elaborò le fasi con modalità di intervento sul sistema di relazioni interpersonali dei singoli o dei gruppi, per esplorare disagi, pensieri, contenuti interiori, rappresentandoli attraverso l’azione scenica e permettendo così ai “protagonisti” di dialogare attivamente con se stessi e conseguentemente con le persone della loro vita, raccontando finalmente quello che avrebbero voluto dire o quello che avrebbero voluto sentirsi dire.

Spontaneità, dunque, e creatività, che esplode, accende passioni e diventa liberatoria, non ingabbiata da sistemi o retaggi che certa società o famiglia o accadimenti della vita, hanno potuto condizionarne il vissuto.
Le barriere psicologiche possono essere rimosse con l’aiuto del Teatro che certamente è medicina efficace, strumento terapeutico della socialità in quanto analisi di temi conflittuali singoli o collettivi. Ed è proprio il Teatro che mette le persone nella condizione di esprimere la natura profonda del sé, attraverso l’azione scenica che, in quanto arte, agisce per forza propria. La vita associativa del laboratorio ci ha quindi offerto un copione non stabilito, in cui si sono intervallati umori, angosce, gioie, gestualità, che seppure in apparenza marginali, hanno acquisito un grande valore aggiunto che è quello della compartecipazione al lavoro di gruppo, dove tutti si è stati, al tempo stesso, attori e spettatori.

Non è facile sintetizzare ciò che si è detto e svolto in dieci mesi di incontri, senza contare il tempo trascorso a leggere, a correggere e riproporre scritture, cercando magari diverse altre soluzioni, forse più adeguate ai fini preposti. Tra assenze e defezioni, si è lottato contro il tempo, sempre poco e inadeguato, che spesso ci ha penalizzato sul piano di un tranquillo svolgimento.
E a ciò si era preparati.
Ma il lungo tempo ha anche consentito, man mano, di riappropriarci di un interesse che ha avuto alti e bassi, com’era prevedibile, e ad arrivare a quella sperata “socializzazione” che tutti ha unito, con la gioia di incontrarsi e insieme discutere, ognuno con le proprie idee e la voglia di misurarsi, chiedere pareri, accettare e respingere opinioni, con piena libertà di pensiero. A tutto questo ha contribuito l’altissima competenza degli psichiatri Giancarlo Pisano e Concetta Tino, oltre all’attenta vigile presenza dei paramedici Marino e Papa, tutti armati di grande professionalità e immensa dolcezza.

Angeli in missione, ci sono sembrati, nella piccola sede del Teatro del Carro, che si è pian piano riempita di gente “nuova”, geniale, con idee e proposte eccellenti, critiche e approvazioni, emozioni, utopie e disinganni, tutti accomunati dalla voglia di crescere per depistare i fantasmi ossessivi della mente.
Insieme, dunque, abbiamo volato alto nel limpido cielo, facendo cosa gradita al cuore. Offrire amore significa anche riceverne. E a noi piace credere di aver aperto un piccolo varco alla speranza, per una qualità di vita migliore.

Jesus

Jesus

Jesus

il sussurro dell'Angelo

regia  Pino Michienzi
aiuto regia Luca Maria Michienzi
scene e costumi Mananà e Roby 4p
musiche Alfredo Paonessa
coreografia Vanessa Rotundo
audio e luci Nello Zangari macchinista Antonio Vatrano
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In occasione delle feste natalizie, di fine e inizio anno, Pino Michienzi, avvalendosi della Compagnia Teatro del Carro, ha allestito uno spettacolo teatrale sulle tematiche della pace e della solidarietà.

Un teatro per meditare, costringere a guardare dentro se stessi, a capire la differenza tra bene e male, a essere compartecipi con chi ha fame, chi è vessato da malattie, chi non ha più lacrime da versare vittima di violenze e guerre arbitrarie. Un teatro che aiuti a tollerare incomprensioni, redimere controversie, capire se stessi e gli altri amando il prossimo. A patto di crederci, e non solo a parole, per un mondo ancora possibile, dove regni umanità e tolleranza.

I lavori teatrali oltre che nelle chiese e negli oratori, nei teatri tenda e in altri spazi alternativi, sono stati ospitati in trenta Ospedali della Calabria.


In questo tragico momento storico di sconvolgimenti, guerre fratricide, violenze, omicidi legati alla ‘ndrangheta, stupri e quant’altro accade in Calabria e nell’ intero mondo, non ci si può esimere dal trattare argomenti come questi. E’ un dovere civile degli uomini, dove il raccoglimento interiore, per i suoi alti contenuti morali, offre una delle tante opportunità per migliorare le condizioni spirituali.

Pace non esprime solo assenza di guerra. Pace c’è, se vi è posto per le cose che fanno crescere, che mettono in comunione con gli altri esseri e danno un senso vero alla vita.

Itinerari Alvariani

Itinerari Alvariani

Itinerari Alvariani

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È il titolo della rassegna promossa dal Teatro del Carro in collaborazione con l’A.r.di.s. di Catanzaro. La rassegna stima innanzi tutto un dato fondamentale: far conoscere Alvaro ai giovani, perché intendano i messaggi culturali del grande intellettuale calabrese, scoprendo quanto questi sia conosciuto e apprezzato non solo per avere scritto “Gente in Aspromonte”, ma per essere stato uno dei rappresentanti più alti e qualificati della cultura europea, giornalista e critico di razza, fedele testimone del suo tempo. Un autore sconosciuto ai più e del quale si ha urgenza di scoprire e rivalutare il suo mestiere di giornalista e scrittore. Percorsi conoscitivi e percorsi critici, che ripercorrono il “mito della memoria e dell’infanzia” attraverso la lettura di brani tratti dai romanzi, racconti, poesie, diari, corrispondenza, recensioni, drammaturgia, saggi e testimonianze.Il lavoro oltre che nelle chiese e negli oratori, nei teatri tenda e in altri spazi, è stato ospitato in trenta Ospedali della Calabria, con il patrocinio e il finanziamento degli Assessorati alla Sanità e al Turismo della Regione. Il Carro ha voluto essere presente in questi luoghi di dolore nel periodo natalizio per restare vicino a chi, impedito da malattie, è costretto a trascorrere questo tempo lontano dagli affetti e dalle atmosfere serene della famiglia.

I lavori teatrali oltre che nelle chiese e negli oratori, nei teatri tenda e in altri spazi alternativi, sono stati ospitati in trenta Ospedali della Calabria.

Quando nel sud gli eroi cantano

Quando nel sud gli eroi cantano

Quando nel sud gli eroi cantano

regia  Pino Michienzi
scenografia Antonio Tramontana
musiche Vittorio Sorrenti
direzione tecnica Nino Gemelli
chitarra Pino Porciatti
animazione Equipe Mimesi

Quando Nel Sud Gli Eroi Can

Lo spettacolo sui poeti dialettali Achille Curcio, calabrese, e del siciliano Ignazio Buttitta, debutta nel 1981 a Olivadi inaugurando l’apertura dell’anfiteatro Sant’Elia.
Seguono diverse repliche e una ripresa televisiva presso gli studi di Telespazio Calabria che viene ritrasmessa più volte negli anni successivi.
Lo spettacolo fu l’ultimo rappresentato al vecchio Teatro Politeama di Catanzaro prima della sua definitiva chiusura per inagibilità e qualche anno dopo abbattuto, per essere poi ricostruito e inaugurato nel 2002.

Enotrio

Enotrio

Enotrio

Vaju e mi curcu ca tu dicu a ttìa

testo tratto da interviste ed elaborato da Pino Michienzi e Giorgio Sorrenti

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Con questo recital, Enotrio Pugliese, pittore di grande rilievo nazionale, è stato commemorato dal Carro a San Costantino Calabro, suo paese di nascita, in una importante serata condotta da Luigi Maria Lombardi Satriani per il primo anniversario della morte.
Il testo, elaborato e adattato da Pino Michienzi, è stato in seguito pubblicato sui Quaderni Calabresi per l’edizione QualeCultura di Vibo Valentia, diretta da Francesco Tassone.

Egreggio ‘Mportuni Catanzaro

Egreggio ‘Mportuni Catanzaro

Egreggio ‘Mportuni Catanzaro

regia Pino Michienzi
lira calabrese Angelo Pisani
chitarra battente Sergio Schiavone
canto Bruno Tassone

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Un cabaret catanzarese che raccoglie spaccati di vita con conosciuti ed anonimi autori calabresi che hanno raccontato personaggi attuali e del passato in un sano passatempo all’insegna del buon umore.
In una società che tendenzialmente declina al degrado dei costumi e, in genere, della civile convivenza, la satira ha il pregevole e delicato compito di tentare di riportare nell’uomo imbarbarito dalla violenza, dagli stupri, dall’accattonaggio, dalla insipienza voluta e provocata di tutti i giorni, una sperabile riflessione, provocando nella migliore delle ipotesi, pur se con le dovute distanze, tracce di considerazione.
Ma perché la satira deve frustare sperando di far sentire la sua voce provocatoria?
L’uomo, in genere, è fatto così. Riflette, ma poi torna a infilarsi quotidianamente le sue comode pantofole lasciando che la noia prenda il sopravvento e lo culli nella più assoluta indifferenza.
E tutto, magari, si conclude con una sordida risata. Così, giorno dopo giorno, egli riprende a giocare a gatto col topo, dove il topo resta sempre comunque vittima del gatto e dei suoi pericolosi artigli.

Donnamore

Donnamore

Donnamore

frammenti e brani di una condizione

regia Pino Michienzi

scene e costumi Anna Maria De Luca,
musiche Giorgio Sorrenti

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Nell’estate del 1988 la Compagnia allestisce questo spettacolo sulla condizione femminile portandolo in trenta comuni della Calabria. Una biografia di donna ricostruita attraverso i secoli con interventi da Sofocle a Bruckner, da Saffo a Brecht, da Alvaro a Marck Twain, da Cechov a Courteline.
Oratorio teatrale che nasce da un’esigenza culturale di comprendere, apprezzare e dissacrare quello che di magico, inafferabile, materno, consapevole e inconsapevole, la donna raccoglie in se stessa: amore, gelosia, forza e fragilità, gioie, dolori, ironia, accuse. Tante facce di un’unica medaglia, tante sfaccettature di un unico prezioso principio, definito e misterioso al tempo stesso: la donna, il suo essere, la sua dimensione di pianeta inesplorabile.

Dal 21 al 25 novembre 1994, presso il Teatro Masciari di Catanzaro, per le scuole di Catanzaro lo spettacolo viene rappresentato con nuovi testi, nuove eroine e titolo nuovo

Donna de’ Paradiso

Donna de’ Paradiso

Donna de’ Paradiso

adattamenti e regia Pino Michienzi

voci recitanti Pino Michienzi, Anna Maria De Luca, Luca Maria Michienzi
Musiche composte ed eseguite da Amedeo Lobello
Soprano Giovanna Massara

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La poesia è di grande aiuto per penetrare nel mondo di Dio in modo immediato e profondo, attraverso la mediazione di grandi scrittori e poeti che hanno avuto il dono di saper esprimere il loro vissuto religioso con la trasparenza e l’armonia della parola.

Il recital è centrato sulla figura della Madonna dal punto di vista dei seguenti autori:

CHARLES PÉGUY
PIER PAOLO PASOLINI
MARY ELLEN ASHCROFT
JACOPONE DA TODI
MAESTRO ANTONIO BECCARI DA FERRARA
UMBERTO NISTICÒ
ALDA MERINI
DANTE ALIGHIERI
FRANCESCO PETRARCA
DON TONINO BELLO
LORENZO IL MAGNIFICO
CHARLES PÉGUY
GIANCARLO CARIOTI
PAUL CLAUDEL

Donna de’ Paradiso – Meditazione su Maria
di Giancarlo Carioti

Uno splendido recital su Maria. Un ripensamento interiore sulla Vergine da parte del più grande attore calabrese, con citazioni ghiotte da Peguy a Jacopone, da Dante e Petrarca a Claudel e Pasolini, in cui non c’è solo il credente, ma l’intellettuale esterrefatto, che contempla della Vergine, l’ inatteso. Proprio così, il non convenzionale, che sta dietro al dramma di una Maria che non sempre la letteratura cattolica ha saputo addestrare convenientemente, perché vi manca il trasalimento, quello, non biblico, degno della Storia epocale, che Gesù ha inondato del Nome Suo. No, non quello, bensì il trasalimento della foemina, l’urlo straziante e doloroso, che le prorompe dalle viscere quando lo vede, il figlio suo, straziato e dilaniato dal carnefice, irriso e sputato dal suo popolo, quello per cui egli si immola.
Insomma, la Madre, giacché Pino Michienzi irrora splendidamente con le sue scelte e le posature tecniche della recitazione, tutto di questo dramma al femminile, in cui a suppliziarsi con lui, a morire per esso, a piangerlo sconsolatamente è la Sofferenza dell’umano, fattosi donna: non Tiziano, nell’Assunta dei Frari, dove Maria rubescata in rosso si eleva oltre la cortina del cielo, lasciando il popolo sbigottito ed affranto. No, non la teatralità di Tiziano, quanto piuttosto La Morte della Vergine di Caravaggio, dove Maria si spenge come una popolana in una corsia di ospedale, lì dove il livido giallo del dipinto, mi ricorda l’ocra della morte, quella inevitabile e crudele, sospesa tra dolore ed attesa. Come in Caravaggio, Maria si spenge senza speranza, anche se forse sovviene quella promessa fattale dal figlio Suo, che oltre la morte…
Ricongiunzioni? C’è dunque una connessione tra la fine di Gesù ed il consumarsi del dramma in Maria? Sì c’è, e si palpita con dolore acuto, come ci ricordano Peguy e Pasolini, nella misura di essere la valentività dell’irresoluzione di Maria deprivata da Cristo, “la spene mia”, dice Jacopone, nel senso di essere nulla, pura foglia morta al vento, senza di lui; madre dolorosa ed affranta che si è sostanzializzata in lui, l’essere, forse nato dalla volontà di Dio, ma che importa? Comunque supremo ed intangibile, si dice mentre lo segue nella Via Crucis, sorreggendolo quando cade, asciugando il suo sudore, riempiendolo di bioccole profumate ed affrante.
Così si consuma il dramma Suo, viaggio sconfinato nell’infinito dolore, Via Crucis nella Via Crucis del figlio suo; si consuma e si salda nella leggenda, oltre la morte, lì dove forse, gli angeli hanno ascoltato il suo gemito di madre disperata, e l’hanno levata lassù, molto lontano, al cospetto di Dio.
Grazie Pino!

Franco Costabile – Bassitalia, discorso alla terra

Compagnia di produzione Residenza artistica della Calabria

Franco Costabile – Bassitalia, discorso alla terra

Franco Costabile – Bassitalia, discorso alla terra

adattamenti e regia Pino Michienzi

Compagnia di produzione Residenza artistica della Calabria

Franco Costabile (Sambiase, 1924 – Roma, 1965) figlio di Calabria, tormentato e sfortunato.
Istinto poetico incisivo il suo, che si manifesta in giovanissima età con tènere filastrocche e semplici versi, nei quali esprime il disagio di essere stato abbandonato dal padre che, partito per insegnare in Tunisia, sceglie poi di non tornare a casa mai più.
Una condizione pesante per un bambino costretto a considerarsi orfano anzitempo e sostegno della madre, e che vive la segreta speranza di rivedere da un giorno all’altro ricomporsi la sua famiglia.
È con sentimenti di inadeguatezza che cresce e studia il giovane Costabile. Tradurrà in poesia la sua pena, le sue angosce, la sua passione, il suo andare e tornare da Sambiase a Roma.
Il paese gli sta stretto, non è capace di contenerlo, di offrirgli cultura, scambi intellettuali, crescita.
La città è troppo grande, dispersiva, incapace di accoglierlo umanamente, di prestare attenzione a un animo fragile, introverso, timido.
Ma la sua poesia cresce, diventa forza, denuncia sociale, manifesto politico: dichiarazioni d’amore per la sua terra.
Sposa Mariuccia, insegnante a Brera, ma anche il matrimonio fallisce, schiacciato dal peso di tanta tormentata esistenza che non gli farà vivere serenamente neppure la condizione di padre.
Finisce così per isolarsi, consumato dal dolore che neppure amici come Enotrio, Purificato, Brignetti, Sergio Saviane, Accrocca e tanti altri, riusciranno a lenire.
Si spegnerà a Roma nella primavera del 1965.
Franco Costabile sarà dimenticato, specie nella sua terra, dove purtroppo, ancora oggi, in tanti, non conoscono la straordinaria bellezza e la forza evocativa della sua parola.
Franco Costabile rivive ancora nel trentennale della morte in questo spettacolo di cui Pino Michienzi ha curata l’adattamento, l’elaborazione e la regia.

Catanzaru Cuntu e Cantu

Catanzaru Cuntu e Cantu

Catanzaru Cuntu e Cantu

adattamenti e regia Pino Michienzi
linguaggi musicali Angelo Pisani, Sergio Schiavone, Bruno Tassone, Paraphone
audio Nello Zangari
luci Francesco Olivadoti

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“Io le voglio un gran bene a quella città di Catanzaro, e piacevolmente mi ricordo sempre di tante persone che vi ho conosciuto piene di cuore e di cortesia, ingegnose, amabili, ospitali…”.
Con questo incipit di Luigi Settembrini ha inizio lo spettacolo “Catanzaru cuntu e cantu” che il Teatro del Carro ha portato in scena al Complesso San Giovanni martedì 18 dicembre 2008, ospite dell’Assessorato alla Cultura di Catanzaro e inserito nella rassegna “Castellaria” promossa dall’Assessorato al Turismo della Regione Calabria.
“E’ un omaggio alla città – scrive Pino Michienzi nella brochure – con i suoi poeti, con gli stranieri di passaggio, ccù ‘a ‘mbojina dei mercati, ccù i cunti e ccù i canti, con i popolani e i nobili, con l’esaltazione dell’amore, con la satira e le favole. Questo spettacolo, cucito da un catanzarese dei vicoli Agricoltori “chi tessa arricama cusa e scusa”, è il sogno fantastico di una città dove i genti d’a ruga vivevano con le porte sempre aperte e sempre pronte a offrire ospitalità e aiuto.
Una città dove non ci si sentiva mai soli.” E’ un percorso ideale nella città della memoria e del sentimento, con i poeti e gli scrittori nati e vissuti a Catanzaro e di altri ancora che ne hanno solo scritto, ma che hanno saputo raccontare l’animo di questo popolo in cui l’ironia ha un ruolo primario e dimostra quanto questa gente, da sempre, abbia innata quella carica di fatalismo che la rende anche audace e trasgressiva. I poeti catanzaresi, portavoci di un modo di vivere canzonatorio che a volte sfocia nella beffa, lo spiega intelligente, intrigante, sagace, che sa immediatamente cogliere l’aspetto più vulnerabile del mondo e che affonda il fioretto dello scherno, concedendosi perfino il lusso della censura.
Ma cosa sarebbe la vita senza questo sale! Sembra ironizzi il poeta. C’è in questa gente una forza instancabile di critica, nel bene o nel male, non importa. “Hava ‘na gargia!” si dice a Catanzaro. L’accaduto è reso pubblico, vivisezionato, giudicato. E i catanzaresi spesso esagerano anche nelle conclusioni, come se a loro non toccasse la stessa sorte o non fossero esenti da critiche. Nel bene o nel male. Dai testi, cuciti per essere una “passeggiata” per strade e vicoli, si evince come la vita scorra in città senza barbarie, ma con la consapevolezza di doversi comunque difendere da eventuali prevaricazioni, e che costituisce quella sana diffidenza, sempre all’erta, di un popolo storicamente sofferente, ma che grazie al suo carattere gioioso e irridente, riece a superare anche i momenti più difficili. E proprio i nostri pensatori “rugali” ne testimoniano il segno fortemente burlesco, lasciando alla storia pagine indimenticabili dipinte con i colori del giallo e del rosso di Giangurgolo, famosa maschera catanzarese della commedia dell’arte. E in chiave giangurgolesca va interpretato questo spettacolo, che raccoglie ‘a dirittezza, l’autocompiacimento, l’ignoranza, l’arguzia di un popolo che, nonostante tutto, è da amare.